OLTRE IL SEGNO

Christian Balzano incontra Benozzo Gozzoli, Museo BeGo e Oratorio di San Carlo, Castelfiorentino FI, Italia. Curata da Maurizio Vanni. 2013

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E SE QUELL’ANGELO…
Installazione in polietilene, cm 100x77x25

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L’INCONTREO DI GIOACCHINO E ANNA ALLA PORTA AUREA
acidatura e smalto su lamine, cm 150×300

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Museo Benozzo Gozzoli, Castelfiorentino (FI)

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L’ANNUNCIAZIONE
acidatura e smalto su lamine oro, cm 185×150

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Museo Benozzo Gozzoli, Castelfiorentino (FI)

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MADONNA COL BAMBINO E SANTI
acidatura e smalto su lamine oro, cm 150×120

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Museo Benozzo Gozzoli, Castelfiorentino (FI)

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L’ASSUNZIONE DELLA VERGINE AL CIELO
acidatura e smalto su lamine oro, cm 185X150

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Oratorio di San Carlo e Museo Benozzo Gozzoli, Castelfiorentino (FI)

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Alcune volte ci fermiamo di fronte a un tramonto, davanti uno scorcio di natura o sotto un cielo dai colori imprevisti e ci domandiamo cosa abbia spinto gli artisti del passato a riprodurne le sollecitazioni cromatiche o plastiche senza concentrarsi sulle emozioni che stavano vivendo. Perché un semplice cielo e non il grido sordo di un’estasi legata a un ricordo? Se abbiamo un po’ di esperienza e di dimestichezza con le arti visive ci accorgiamo che ciò che percepiamo in un dipinto o in una scultura il più delle volte corrisponde a una visione parziale, a una suggestione iconografica in grado di bloccare il momento, ma non di sublimarlo. Ogni artista vero, anche se non lo dichiara, ci spinge a partecipare il suo stato di grazia, a condividere il suo momento sensibile, a prendere coscienza del nostro apparato sensoriale e ad aprirci alle emozioni. La nostra mente deve continuare a correre con l’emisfero destro del cervello, concedersi all’irrazionalità e all’istinto per completare un lavoro che rimarrà eternamente in divenire. Solo così potremmo affermare di essere riusciti ad andare oltre.
Christian Balzano è uno di quegli artisti che non si tira indietro, che mette la faccia, oltre al cuore, all’anima e al mestiere, in ciò che fa, che si esalta nelle sfide più ardue e che, soprattutto, è consapevole di essere uno strumento per scoprire e scoprirsi, per raccontare e raccontarsi, ma anche per permettere a qualunque persona di vivere un lavoro artistico. Il suo modo di creare una composizione è di impianto rinascimentale: l’utilizzo delle luci, dei chiaro-scuri, dei piani prospettici e del segno ci riporta alle botteghe fiorentine quattrocentesche dove il mestiere si trasferiva dal maestro all’allievo con tanta dedizione, spirito di sacrificio e amore incondizionato per l’arte. L’esito estetico e concettuale, però, non è assolutamente prevedibile: i suoi lavori, infatti, grazie a un’esecuzione rapida supportata da tecniche più contemporanee, ci trascina in un vortice centripeto di allusioni cromatiche e suggerimenti segnici che non tranquillizzano il nostro desiderio di controllo, ma esaltano la nostra voglia di scoprire il non visibile.
Il palinsesto diventa supporto per un racconto visivo, i colori sono gli strumenti ideali per creare uno o più stargate dimensionali, il segno è il mezzo concretamente immaginifico per dare sostanza alle sue idee e per cambiare dimensioni e prospettive a suo piacimento. Ogni suo lavoro potrebbe essere considerato un incipit universale, una base di partenza sulla quale costruire un tragitto ideale fatto di realtà e memorie, di coscienza e conoscenza, ma anche di lucide casualità e imprevedibili intuizioni. Le forme diventano agglomerati di tratti instabili, ma rassicuranti, e i colori, che permettono una perfetta simbiosi tra fondi – mai considerati spazi passivi – e volumi, accentuano la metamorficità di una composizione costantemente in divenire e universalmente completa.
Imporre a un artista di confrontarsi con il passato sarebbe come domandare a un grande maestro dell’Ottocento di spiegare i simboli picassiani o a un medievista di interpretare le sollecitazioni concettuali di Fluxus. Chiedere a Christian Balzano di raccontare a modo suo alcuni capolavori di Benozzo Gozzoli e di restituirci il suo segno in chiave contemporanea significa cercare, attraverso linee e suggestioni cromatiche, di intercettare particolari sfuggiti ad occhi non abituati a confrontarsi con il microcosmo decisivo di un artista senza tempo: “Provengo da studi classici – afferma Balzano – e debbo molto ad artisti come Benozzo Gozzoli che mi hanno trasmesso, oltre al mestiere di artista, l’impertinenza di andare oltre, di giocare con le visioni, di rendere alcuni capolavori vere icone della propria contemporaneità con suggestioni legate, oltre che a se stesso, a personaggi noti di allora. Un pop artista ante litteram”.
Di confronti nell’arte ce ne sono stati molti, ma l’artista dei secoli passati, almeno sulla carta, dovrebbe prevalere costantemente sul pittore di un’epoca più recente anche in virtù dei mezzi tecnici di supporto che renderebbero impari il parallelo. Balzano non ha cercato la sfida artistica con Benozzo, non ha voluto raccogliere il duello dell’interpretazione visiva, ma si è limitato a trasformarsi in dispositivo di conoscenza: una specie di lente di ingrandimento umana che, anche con l’ausilio di una cerebrale ironia, contribuisce a farci fruire Benozzo Gozzoli in modo non convenzionale: “La mia attenzione nei confronti delle opere del maestro fiorentino si è rivolta ad alcuni particolari dei suoi geniali racconti visivi e all’utilizzo originale di alcune icone. Mi sono immedesimato in lui quando ho riportato leggende popolari che sono in grado di confondere la realtà, di farci attingere all’immaginazione, ma al tempo stesso di avvicinarci all’essenza della verità spingendoci oltre la visione. Essere avanti non sempre significa utilizzare le scoperte tecnologiche del momento in cui viviamo”.
Balzano ha cercato di creare opere attraverso l’approccio artistico-esistenziale di Benozzo, con il suo sottile e tagliente sarcasmo, esaltando l’attitudine a un segno quasi primitivo e duro rispetto a quello di altri artisti della sua epoca, addolcito da atmosfere, colori e, soprattutto, dall’atipicità di certe luci: “Benozzo Gozzoli è uno di quegli artisti che si percepisce completamente solo se abbiamo il coraggio di andare oltre, indagando le sue sinopie e cercando nel suo colore e nelle sue proposte visive la mentalità aperta del suo tempo. Mi sono divertito ad associare Gioacchino, cacciato dal tempio per la sua infertilità, alla virilità e alla forza inesauribile del toro. Credo che Benozzo avrebbe sorriso”.
Balzano non ha interpretato Benozzo, ma l’ha invitato a parlare, a raccontarci le sue suggestioni e i suoi segreti in modo da poter comprendere meglio le energie che presiedevano le sue ideazioni assolutamente imprevedibili. L’evento è completato dal desiderio di dare vita a una bottega rinascimentale, di ricreare lo spazio ipotetico dello studio di Benozzo dove il visitatore è posto di fronte a scelte precise: andare oltre al visibile, percepire oltre il segno, ma a patto di interagire con lo spazio, di partecipare l’opera e di completare il lavoro dell’artista aprendoci alle nostre emozioni. Andare oltre si può, ma leggere sempre e bene le istruzioni prima dell’uso.
 
Maurizio Vanni
 

info@christianbalzano.com

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